Il ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo ha emanato quella che lui stesso ha definito enfaticamente “Direttiva Madre”. Si tratta in sostanza del documento che contiene le “linee guida” governative per il rinnovo dei contratti del Pubblico Impiego per il triennio 2022-2024.
Al di là della solita retorica sull’”efficienza” e il “merito”, la direttiva dice, in estrema sintesi, che gli aumenti salariali saranno del 6% e saranno prioritariamente destinati agli “istituti legati alla produttività”.
Noi contestiamo questa impostazione.
Gli aumenti contrattuali devono recuperare il potere d’acquisto perduto dai nostri salari in questo triennio, e quindi devono corrispondere all’inflazione reale (e non all’indice IPCA, che non considera l’aumento dei prezzi dell’energia che tanto incidono sul bilancio delle famiglie). Secondo l’ISTAT l’inflazione reale nel triennio sarà del 17% circa (8,1 % nel 2022, 5,7% nel 2023 e stimata al 2,3% nel 2024). Altro che 6%!
Gli aumenti inoltre devono essere prioritariamente destinati alla paga base, e non a istituti come il premio incentivante la produttività o i progetti speciali. Siamo infatti contrari a legare quote rilevanti del salario alle cosiddette “pagelline”, ovvero alla discrezionalità di dirigenti e P.O.
Oltre alla questione salariale, che rimane prioritaria, il contratto deve a nostro parere portare qualche miglioramento anche nella parte normativa.
Per esempio:
- Generalizzare la riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali (34 per i turnisti) a parità di salario.
- Abolire l’odiosa “tassa sulla malattia”, cioè la decurtazione dello stipendio per i primi 10 giorni di assenza per malattia.
- Portare da 7 a 10 euro il valore dei ticket mensa, rendendone obbligatoria l’erogazione anche a chi lavora in smart working.
- Recepire le sentenze dei tribunali europei e italiani secondo le quali il salario accessorio deve essere corrisposto anche nei periodi di ferie.
- Abolire le penalizzazioni per i nuovi assunti in materia di ferie (perché devono avere 2 giorni in meno degli altri?).
Restano poi due questioni di fondo, all’interno delle quali deve essere inquadrata la vertenza per il rinnovo dei contratti:
- l’urgenza di un piano nazionale straordinario di assunzioni, necessario per garantire ai cittadini l’erogazione dei servizi a cui hanno diritto;
- la re-internalizzazione dei servizi esternalizzati, che devono tornare ad essere erogati da personale a tempo indeterminato e adeguatamente retribuito, e non da personale precario con paghe da fame.
Il rinnovo del contratto deve essere inoltre l’occasione per porre con forza la richiesta che il Parlamento recepisca finalmente la sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il fatto che i dipendenti pubblici debbano aspettare 24 mesi per ricevere il proprio TFS/TFR.
Infine, ultimo ma non ultimo, c’è un tema politico che ogni sindacato degno di questo nome dovrebbe oggi mettere al centro delle proprie rivendicazioni, ovvero la reintroduzione di un meccanismo automatico di adeguamento dei salari all’inflazione: una nuova “scala mobile” che difenda il reddito dei lavoratori dall’aumento dei prezzi al consumo.
Adl Cobas – Sial Cobas – Slai Cobas
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