Siamo tutti rimasti colpiti dalle immagini che mostrano la violenza gratuita esercitata da quattro agenti della Polizia Locale di Milano su una persona LGBT evidentemente affetta da disagio psichico e ormai immobilizzata.
Al di là degli aspetti giudiziari, che starà alla magistratura indagare, questo ennesimo episodio conferma la necessità di ripensare il ruolo, i criteri di reclutamento e la formazione (che deve essere permanente) degli agenti di Polizia Locale.
Noi pensiamo vadano privilegiati i compiti di mediazione sociale e culturale rispetto a quelli coercitivi e repressivi, e che quindi reclutamento e formazione vadano radicalmente ripensati in direzione di una “smilitarizzazione” della Polizia Locale.
Una riflessione andrebbe aperta anche sui cosiddetti “dispositivi di sicurezza”, cioè sulle armi di cui gli agenti di Polizia Locale sono dotati.
L’uso della forza deve essere commisurato alla situazione, e comunque il minimo necessario per rendere inoffensiva una persona potenzialmente pericolosa. In questo caso si è evidentemente superato il limite.
Speriamo per paura e impreparazione e non per la deliberata volontà di punire e umiliare una persona ormai inoffensiva. O peggio ancora, per transfobia e xenofobia.
Comunque sia, questa violenza non può essere in alcun modo giustificata.
Nel caso poi di interventi con persone affette da problemi psichici la gestione non può essere affidata solo a personale di polizia ma deve vedere la presenza di personale sociosanitario qualificato.
È compito dell’Amministrazione comunale mettere in campo le strategie e le risorse organizzative e formative affinché episodi del genere non si ripetano.
Adl Cobas, Sial Cobas, Slai Cobas
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