ARGENTO VIVO – Giornalino dell’A.S.P. Golgi-Redaelli a cura dello Slai Cobas 

ARGENTO VIVO                   

Giornalino dell’A.S.P. Golgi-Redaelli a cura dello Slai Cobas 

Come dopo un terremoto lo scenario viene stravolto dagli effetti delle scosse,  allo stesso modo dopo un terremoto organizzativo dell’A.S.P. Golgi-Redaelli, tutto noi restiamo scossi  da quanto è successo.

Si racconta sempre “che stavamo meglio quando stavamo peggio” mai come nel nostro caso si ha ragione !

Girare nei reparti e nei servizi e sentire un lamento continuo delle colleghe e colleghi è una delusione cocente, dopo tante lotte e tante energie spese per cercare di fermare la destrutturazione  “efficientista”  e decisionista della Direzione e trovarsi infine che anche l’A.S.P.,  è riuscita a ridurre al minimo il conflitto, ad asservire quasi tutti i delegati della RSU alle sue esigenze, non dobbiamo nasconderlo se si continua su questa strada vinceranno la guerra.

  • Come è possibile che la questione degli organici è peggiorata, nonostante le tragiche vicende della Pandemia, tanti anziani morti e anche alcune colleghe, per colpa di una disorganizzazione inammissibile, che ha dimostrato ancora una volta quale siano gli interessi di chi comanda. Di quale coraggio sadico si sono rivestiti i nostri dirigenti per approfittare della disponibilità dimostrata dalle colleghe e colleghi che hanno lavorato in condizioni di estremo sacrificio, con scarse presenze ei reparti, la paura di morire e altro, per consolidare la presenza al disotto dei minimi essenziali anche adesso che l’emergenza sta per essere superata: l’unica spiegazione è il risparmio ad ogni costo.  
  • A questo proposito serve ricordare che proprio nei momenti più critici della Pandemia Covid 19, i Dirigenti di un’altra A.S.P. quella del PAT, non solo si sono allontanati dai reparti per evitare contagi, ma mentre l’infezione virale uccideva gli anziani indifesi, loro si riunivano per decidere come spartirsi i premi incentivati, perché i Dirigenti di qualsiasi Azienda devono essere sempre premiati, il primo provvedimento emanato al Redaelli invece è stato quello di non presentarsi negli uffici per qualsiasi motivo, mentre medici e responsabili facevano lavare le mascherine chirurgiche per riutilizzarle, chi invece sosteneva che non bisognava spaventare gli anziani e non bisognava portare nessun tipo di mascherina.
  • Anche dopo questo disastro il  criterio che viene utilizzato  è sempre  quello di ridurre il costo della mano d’opera,  costringendo tutti a lavorare di più a lasciando gli organici al minimo, “gli anziani ringraziano”.       Colleghi chiedetevi allora perché per aprire il Gp3, la Direzione ha nesso in crisi tutti gli altri reparti ?   Uno dei motivi è sicuramente è  il prestigio e il potere   Si perché e prestigioso presentarsi alle riunioni del CdA e dimostrare che la politica adottata nei confronti del personale da i suoi frutti, è un prestigio avere dalla propria parte i rappresentanti dei lavoratori. Quanti delegati lavorano nei reparti e quanti di laro hanno posizioni di lavoro diciamo di qualità, amicizie di comodo e clientelismo si consolidano e abbassano la qualità della vita di chi lavora e chi patisce. Infine,  e non è cosa da poco,  l’aumento del  compenso economico, perché secondo le leggi chi più risparmia, sulla pelle di chi lavora  più guadagna in premi e benefit.
  • Sui turni di lavoro, abbiamo fatte tante battaglie per cui è deludente al massimo che oggi l’obiettivo di avere la possibilità di godere di almeno due giorni di riposo consecutivo non sia garantito, sappiamo tutti e sanno anche i delegati delle RSU che questo è una conquista storica del mondo nel mondo del lavoro, riuscire a godere almeno due giorni consecutivi la settimana per stare con la propria famiglia, ad organizzare una  vacanza, riposarsi non pensare più al lavoro. Infine di tante proposte  avanzate, qualche anno fa, sulla turnistica da adottare è passata quella attuale, la quale presentata come la migliore dai delegati si è rivelata la peggiore; perché un unico riposo non consente il recupero psicofisico, mentre le notti mensili sono passate a 6. Infine nonostante l’accavallamento delle ore, tra lo smonto e l’inizio, deciso dalla direzione per risolvere definitivamente la questione della vestizione, i vantaggi per i turnisti sono scomparsi.  Nel ricordare che lo Slai Cobas, promotore di questa battaglia, vinta più volte ed in attesa ancora di una sentenza della cassazione,  che arriverà, proponeva al tempo una conquista politica per le lavoratrci/ri delle RSA e degli Hospedali, la riduzione a 35 ore di lavoro settimanali pagate 36, con l’utilizzo delle cambio divisa.  La soluzione trovata ha avvantaggiato l’azienda è evidente, ma sono le lavoratrici e i lavoratori che possono cambiar le cose.

 

Alle colleghe, ai colleghi, che oggi vivono questa situazione di nichilismo sindacali, a tutti coloro che oggi sperano che le malattie professionali li collocano “nella fila giusta”,  ai nuovi assunti giovani e ex soci delle cooperative,  dobbiamo ricordare con forza che “l’individualismo è il primo passo per l’infelicità collettiva”. A tal proposito ricordo a coloro che hanno malattie professionali e si trovano nelle condizioni lavorative agevolate, che questa Direzione in più occasioni ha manifestato la volontà, per chi dichiarato fuori dalla mansione, di lasciarlo a casa.   Solo la lotta in passato non ha permesso che succedesse, perché nessuno può penare che chi si è ammalato gravemente sul lavoro deve perderlo,  e non è neanche corretto calcolare chi soffre di patologie invalidanti, come se fosse efficiente al 100%  falsificando gli standard e presentando reparti con organici “completi”.

BISOGNA INIZIARE A :

  • RIORGANIZZARSI E  RIPRENDERE LA LOTTA !!
  • RIVENDICARE E OTTENERE   TURNI DI LAVORO CHE HANNO DUE GIORNI DI RIPOSO CONSECUTIVI OLTRE LO SMONTO NOTTE !!
  • A DIRE NO AGLI STRAORDINARI !!  
  • RIVENDICARE PIU’ ORGANICI NEI REPARTI PER  GARATIRE LA QUALITA’ DELL’ASSISTENZA PER  RIDURRE LE MALATTIE E LAVORARE IN SICUREZZA, LE MALATTIE PROFESSIONALI COLPISCONO  CHI LAVORA MALE E SEMPRE SOTTORGANICO !!

 

  • ISCRIVETEVI ALLO SLAI COBAS, FATE PREOCCUPARE I DIRIGENTI E I DELEGATI SINDACALI !!

 L’emergenza  Pandemica  non è ancora passata, ma non fa più notizia come nel 2019/20. Allora il  dcpm del 9 marzo 2020 ci chiuse tutti in casa, ci obbligò a girare con la mascherina e a rispettare regole che nessuno aveva mai conosciute, sembrava fossimo in guerra e per certi versi lo eravamo.

Oggi la situazione si è stabilizzata e possiamo pensare a quei periodi non solo per le privazioni della libertà che tutti abbiamo dovuto subire, ma per la grande impreparazione e disorganizzazione a cui abbiamo assistito e per cui sono morte tante persone.

Per restare nella nostra zone, cioè dove si trovano le Aziende addette all’assistenza come l’A.S.P. Golgi-Redaelli,  il Pio Abergo Trivulzio, la grande Azienda religiosa del Don Gnocchi, gli anziani che hanno perso la vita insieme ad alcuni operatrici/ri, in queste tre strutture,  a causa del Covid19,  sono stati oltre mille,  tre g nostre colleghe  solo al Redaelli.

Dopo vicende come queste,  di consueto parenti e organizzazioni,  denunciano i responsabili, il Direttore Generale i responsabili sanitari ecc.., nel nostro caso le denunce sono state fatte  qualcosa si è mosso ma niente di concreto si è visto. Al Pat, a seguito dell’impugnazione dell’archiviazione per il procedimento contro il Direttore Generale Calicchio Giuseppe, il giudice ha nominato dei tecnici per scoprire se ci sono state delle responsabilità legali nella cattiva gestione dell’Istituto Geriatrico di via Trivulzio.

Il giudizio che ci sentiamo di dare sulla vicenda legale, di cui passerà sicuramente molto tempo per avere una sentenza definitiva,  non vuole smontare la volontà di lotta del comitato parenti che si sta battendo per aver giustizia, ma denunciare  che purtroppo, che  come nelle guerra vera, chi paga di sicuro sono i morti,  mentre i responsabili non solo  pagano quasi mai ma si arricchiscono proprio grazie ad essa.

Come tutti hanno avuto modo di sentire in questi mesi sono partite le campagne del Governo per cercare la colpevolezza dei responsabili politici che in quegli anni dovevano decidere e fare:    il Primo Ministro Giuseppe  Conte , il Ministro della sanità Roberto  Speranza, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, e tanti altri colpevoli,  ma  che venga fatta veramente luce sulle loro responsabilità ho che paghino per le loro mancanze, diventa difficile crederci, le indagini dureranno  una trentina di anni, nello stile italiano,  e tutto sarà dimenticato.

Il nostro giudizio e le nostre condanne, invece devono essere almeno dichiarate e propagandate per non solo individuare le responsabilità ma individuare le nostre mancanze ed evitare così che si ripetano.

Il prezzo maggiore alla pandemia è stato pagato dai poveri anziani a cui l’infezione è stata regalata dai parenti e dagli operatori, che sono morti in completa solitudine, in un clima apocalittico e di disperazione, ma anche gli operatori sanitari hanno sofferto parecchio con decine di medici, infermieri professionali e nelle Rsa Oss e Asa, morti, addetti alle pulizie dei reparti e altri operatori con patologie polmonari croniche e invalidanti a seguito dell’infezione da Covid. Se  cerchiamo quanti Dirigenti si sono ammalati di Covid19 e sono morti per questo, non ci sono dati perché non è morto nessuno di loro.

Al Redaelli, per chi si ricorda, si è ritardato anche sulla chiusura ai parenti e alle persone estranee,  solo a fine marzo 2020 si prese la decisione di operare con il cordone sanitario e la chiusura, creando le condizioni che il virus circolasse liberamente da febbraio dello stesso anno. Una grave mancanza che sicuramente non fece bene agli anziani. Ma il paradosso ancora più incredibile che in  quel periodo, dove mancavano le mascherine, i grembiuli mono uso, le visiere, responsabili di vario grado e anche medici, si prodigavano in tanti modi per mantenere la situazione sotto controllo, per esempio non volevano che le operatrici indossassero la mascherina per non spaventare gli anziani.  Fino ad arrivare a sostenere che se si aveva paura di restare a casa, nel momento che tanti cominciavano ad ammalarsi e dovevano per forza restare a casa e tanti altri, tra cui responsabili di vario grado, abbandonavano  la nave prima che affondava, ammalandosi solo di paura.  Quanto tempo è dovuto passare prima che la dirigenza sanitaria ed amministrativa decidesse dei tamponi per monitorare le operatrici ed operatori,  quante norme e intoppi abbiamo dovuto superare per essere sottoposti a controlli ed essere allontanati dai reparti perché infetti ?  Uno scarica  barile incredibile, una disorganizzazione decisamente non giustificata da parte di chi da anni organizza e decide sull’assistenza sanitaria e sulla prevenzione.

Con quale coraggio medici e responsabili consigliavano di lavare le mascherine chirurgiche e poi riutilizzarle, mentre la propaganda ci faceva vedere la pericolosità del virus,  e che le mascherine che davano sicurezza erano le FFP3. Rosaria Di Fabio la nostra collega si è infettata nel reparto con anziani malati di Covid indossando una mascherina chirurgica, si è detto poi che era una soggetto fragile, ma non riduce la responsabilità di nessuno. Come in guerra i Generali mandano al massacro i poveri fanti e poi dicono che la battaglia si perde per colpa dello scarso coraggio dimostrato  dai soldati morti.    I nostri Dirigenti in quei giorni hanno subito promulgato il loro editto : che nessun operatore dei reparti si presenti agli uffici, telefonate per qualsiasi cosa.  Dal punto di vista organizzativo abbiamo visto per parecchio tempo  l’anarchia e la  fuga generale.  Al Pat invece,  proprio nel periodo più critico dell’inizio della pandemia i Dirigenti dell’A.S.P. i Dirigenti non si preoccupandosi di come procurarsi i Dpi necessari  per contenere il virus e di organizzare il lavoro, intendi in altre pratiche più interessanti e  remunerative.

Al Don Gnocchi invece tutto  venne lasciato nelle mai del Signore, quello che tutto vede ma niente fece. 400 morti,  persecuzioni nei confronti delle operatrici che si procuravano le mascherine e le usavano nei reparti con trasferimenti e procedimenti disciplinari  di varia natura e pressione psicologica malefica, a chi voleva lavorare insicurezza e salvarsi la vita.

Non crediamo che questa denuncia risolva i gravi problemi dell’umanità, ma di fronte ai patimenti delle lavoratrici e dei lavoratori,  il nostro compito è anche quello  di organizzare e denunciare le porcherie che vengono fatte ai nostri danni e ai danni degli anziani, in un contesto sociale e politico avverso, strutturalmente perché il profitto da sempre la fa  da padrone su tutto, tutto viene immolato al suo bisogno e nessuno ha il coraggio di mettersi veramente contro.

Per questo vi diciamo, compagni e compagne, che oltre ad essere sfruttati per risparmiare e permettere che Dirigenti di ogni tipo vengano super pagati con i nostri soldi per controllarci e farci lavorare sempre di più, (nel  Contratto nazionale della sanità è stato firmato anche questa assurdità), siamo anche privati della Sicurezza Sociale, di cui tutti i politici si dichiarano fieri sostenitori prima di essere eletti, ma sappiate che la Prevenzione, di cui la crisi pandemica ha dimostrato tutta la sua inconsistenza.  E’ solo propaganda, perché non è utile per questo sistema, prevenire le malattie, perché  vuol dire spendere soldi in ricerca e in investimenti per la salute, questo fa a botte con i bisogni delle case farmaceutiche,  dei capitalisti e dei preti,  che hanno in mano più della metà delle case di cura e degli ospedali italiani, a loro serve la malattia non la buona salute.  Anche i politici non trascurano questo aspetto, nel caso della Covid 19, basta ricordare solo il Presidente,  Fontana Attilio,   voleva fornire la Regione Lombardia, di cui era presidente, 75 mila camici e altri 7 mila set di Dpi per 513 mila euro, dalla ditta Dama di cui la moglie era socia, non per scopi umanitari. Un  politico eccezionale che sulla scia dell’emergenza voleva aumentare il capitale nascosto in Svizzera, di 2, 500 milioni di euro a firma della sua mamma, il quale  non solo ha avuto la fiducia dei cittadini lombardi che l’hanno votato rimettendolo al suo posto, ma è stato anche prosciolto dall’accusa.  Alleluia.

Questo contributo di denuncia,  che lo Slai Cobas propone a tutte e tutti i lavoratori del Golgi-Redaelli, mira principalmente a svegliare le vostre coscienze, per  un momento riflessivo in un contesto di subdola rassegnazione,  che si sente e si vede nei reparti e nei servizi, in un clima  che non solo mina alla base la qualità della vita di chi lavora ma influisce in modo negativo sulla qualità della vita di chi viene da noi assistito.  Con il preciso obiettivo di “ricordare” a tutti che solo la partecipazione e la lotta paga, le parole d’ordine speriamo, vediamo, collaboriamo con i Dirigenti sono  la politica della passività e della rassegnazione, è la politica che premia i delegati che avete eletto, che protendono ai loro personali interessi, si propongono di intercedere con chi comanda per piccoli favori individuali, firmano qualsiasi cosa che fa comodo alla dirigenza, in cambio di vantaggi, prestigio e posti di lavoro di riguardo, abbandonando definitivamente la politica degli interessi di tutti e il coinvolgimento della base nelle lotte e nelle iniziative.

La delegata e i simpatizzanti gli iscritti dello Slai Cobas,  devono farsi promotori della denuncia politica di questo stato di cose, riprendere l’iniziativa e ritornare a contare nelle scelte nelle decisioni dell’Azienda.

  • VIVA L’AUTORGANIZZAZIONE, ABBASSO IL DECISIONISMO AZIENDALE E IL COLLABORAZIONISMO DEI DELEGATI SINDACALI !!
  • VIVA LA LOTTA DEI LAVORATORI FRANCESI ! S’UNIR POUR NE PAS SUBIR !!
  • CONTRO LA GUERRA DEI PADRONI LOTTA DI CLASSE !  RIVOLUZIONE !!