Green Pass obbligatorio nei luoghi di lavoro? No grazie

Vaccinazioni e Green Pass sono i temi che più hanno animato la discussione in questa calda estate.

La confusione creata dai virologi televisivi, i pasticci comunicativi, le decisioni ondivaghe e contraddittorie del governo e delle regioni e le strumentalizzazioni partitiche non hanno certo aiutato le lavoratrici e i lavoratori a formarsi un’opinione autonoma e razionale, corrispondente agli interessi della nostra classe.

Dobbiamo infatti essere consapevoli del fatto che i padroni e i loro rappresentanti politici – come è naturale che sia – cercano e cercheranno di approfittare dello stato di emergenza indotto dalla pandemia per dividerci e comprimere i nostri diritti e i nostri salari.

Proviamo a fissare alcuni punti fermi.

  • Le vaccinazioni sono, allo stato attuale delle conoscenze, uno strumento fondamentale, anche se non l’unico, per contrastare la diffusione del Covid 19 e per ridurre la pressione sulle strutture sanitarie.
  • I vaccini non sono però strumenti perfetti, e quindi la vaccinazione non può essere vista come la panacea che rende superflue le necessarie misure igieniche di protezione, che devono essere mantenute in ogni ambiente di lavoro: misurazione della temperatura, distanziamento, mascherine, lavaggio frequente delle mani e tamponi gratuiti.
  • Riconoscere l’utilità dei vaccini non significa sostenerne l’obbligo. La vaccinazione è un trattamento sanitario e va utilizzato considerando le condizioni di ciascuno.
  • Chi ha dubbi e paure va convinto e non stigmatizzato o sanzionato.
  • L’obbligo di vaccinazione e/o di Green Pass per accedere alla propria sede di lavoro, tanto più se accompagnato dalla minaccia della sospensione dall’impiego e dell’azzeramento del reddito (fino al licenziamento per i lavoratori precari), è inaccettabile in quanto in contrasto con i diritti dei lavoratori e con le norme in materia di sicurezza (Decreto 81/2008). Ricordiamo che quest’ultimo prevede che per affrontare in modo corretto ed efficace, in ogni specifica situazione lavorativa, il tema del rischio biologico, vengano attivati un processo partecipativo e un confronto paritetico tra medico competente e rappresentanti dei lavoratori (RLS). I protocolli di sicurezza non possono essere imposti unilateralmente dai padroni, pubblici o privati che siano.
  • La convivenza nei luoghi di lavoro (mense aziendali comprese) tra vaccinati e non vaccinati, nel rispetto della salute e dei diritti di tutti, è possibile ed è già stata ampiamente sperimentata in questi mesi. Basta che ciascuno si impegni a adottare responsabilmente le elementari precauzioni che si sono dimostrate efficaci nel contenere la diffusione del virus.
  • L’imposizione del Green Pass al personale scolastico, dai nidi all’università, rappresenta una forzatura che serve a nascondere l’incapacità e l’inefficienza del governo nazionale e di quelli locali, i quali – pur avendone il tempo e le risorse economiche – non hanno preso le misure strutturali necessarie a garantire per settembre la ripresa in presenza, in sicurezza, delle lezioni: assunzioni per aumentare il numero delle classi riducendo quello degli alunni, interventi di ristrutturazione e manutenzione degli edifici e degli impianti di riscaldamento/condizionamento dell’aria, fornitura di dispositivi di protezione individuale adeguati. Per non parlare del nodo irrisolto del trasporto pubblico locale.

Concludiamo con due considerazioni di carattere generale:

  • È importante sostenere la campagna per la sospensione dei brevetti sui vaccini ( https://noprofitonpandemic.eu/it/ ), per renderli disponibili a tutti, nel mondo. Questa iniziativa ha sia motivazioni di carattere etico che di carattere pratico, in quanto necessaria per contenere lo sviluppo di varianti che rischiano di rendere meno efficace la campagna vaccinale.
  • La pandemia ha dimostrato la necessità di invertire la rotta e di ripristinare un efficace servizio sanitario nazionale in grado di dare risposte di salute a tutti. Un servizio universalistico, gratuito, partecipato, che torni a fondarsi, in termini di priorità e investimenti, su educazione, prevenzione, cura e riabilitazione. E che consideri tutti i fattori -ambientali, lavorativi, di stili di vita, di condizioni abitative e sociali- che determinano salute e malattia.

La salute non è una merce, ma un diritto fondamentale!

Adl Cobas, Sial Cobas, Slai Cobas, USI comune di Milano

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