Tutti noi abbiamo ricevuto, lo scorso 6 aprile, un comunicato dell’amministrazione comunale che ci informa dell’approvazione del nuovo Codice di comportamento dei dipendenti comunali.
Chi ha avuto il tempo (e la pazienza) di leggere questo documento si sarà accorto che la principale novità rispetto a quello precedente, in vigore dal 2013, consiste nell’introduzione di un articolo, il n° 16, dedicato ai rapporti con i mezzi di informazione e l’utilizzo dei social network.
Questo articolo impone – tra le altre cose – di “astenersi da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’Amministrazione” e vieta di rivolgersi alla stampa e di utilizzare i social network per “segnalare problematiche, carenze, disfunzioni e anomalie inerenti le attività e i servizi erogati dal Comune di Milano”.
Si tratta a nostro parere di un inaccettabile attacco alle libertà di opinione e di espressione, garantite dalla Costituzione e dallo Statuto dei lavoratori.
Forse il Comune di Milano pensa che lavoratrici e lavoratori debbano obbedir tacendo, che i panni sporchi si lavino in famiglia e che le critiche a dirigenti e decisori politici rappresentino un delitto di lesa maestà?
Facciamo un esempio concreto. Se scriviamo che il Comune di Milano ha gestito e sta gestendo male la pandemia, specialmente negli asili nido e nelle scuole materne, mettendo a repentaglio la salute delle lavoratrici, dei bambini e delle loro famiglie, stiamo ledendo l’immagine dell’Amministrazione o esercitando il nostro diritto di critica?
L’ articolo 16 deve essere cancellato!
Non vogliamo che anche al Comune di Milano accada ciò che è successo all’ex-Ilva, dove un lavoratore è stato licenziato solo per aver invitato dalla propria pagina Facebook a vedere una fiction televisiva in cui si narra una vicenda vagamente ispirata a quella delle acciaierie di Taranto!
Oppure ciò che è successo nelle Ferrovie, dove dei lavoratori sono stati licenziati per aver dichiarato alla stampa che la manutenzione e la sicurezza degli impianti erano carenti.
O come è successo agli operatori sanitari, che durante la pandemia hanno denunciato la carenza di sicurezza nei luoghi di lavoro e sono stati sospesi o licenziati
Non c’è poi nessuna valida ragione per introdurre norme sui rapporti con la stampa e l’uso dei social network in un Codice che ha l’obiettivo di prevenire la corruzione e la concussione. Infatti, nelle Linee guida per i codici di comportamento diramate dall’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione), a cui il Comune di Milano dice di ispirarsi, non c’è né traccia.
Infine non possiamo non mettere in evidenza come le modalità di consultazione dei dipendenti messe in campo dall’Amministrazione comunale rappresentino una grottesca parodia della democrazia. Si hanno infatti due settimane di tempo per formulare osservazioni al testo del nuovo Codice, accedendo ad un portale con il proprio SPID, senza nessuna garanzia che la propria opinione venga effettivamente presa in considerazione. Il Comune non ha infatti obbligo di risposta.
Chiediamo un confronto vero tra l’amministrazione
e le rappresentanze sindacali.
Queste norme autoritarie e liberticide vanno cancellate!
per comunicazioni: prendiamolaparola@yahoo.it
Adl Cobas – Sial Cobas – Slai Cobas – Usi
Scarica e diffondi il comunicato
Vi invitiamo a leggere e sottoscrivere la seguente petizione online, più sotto trovate il link alla bozza del nuovo codice.
No al codice disciplinare-bavaglio del comune di Milano
Qui di seguito il testo del nuovo codice.
In particolare richiamiamo la vostra attenzione sull’art. 7 che prevede l’obbligo di comunicare al Dirigente la propria adesione a partiti, associazioni, comitati e sindacati, anche quando le attività delle stesse non riguardino argomenti trattati dal proprio ufficio di appartenenza. L’art. 13 che punisce l’invio di mail o messaggi che possano portare ‘turbamento e scompiglio nei colleghi’. L’art. 16 che impedisce l’utilizzo dei mezzi di informazione, quali mail, blog, siti e social network, anche fuori dell’orario di lavoro e per fini di informazione sindacale. Questo articolo impone il divieto di rilasciare “dichiarazioni pubbliche che vadano a “detrimento dell’immagine dell’Amministrazione” e vieta di rivolgersi alla stampa per “segnalare problematiche, carenze, disfunzioni e anomalie inerenti le attività e i servizi erogati dal Comune di Milano”.